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Cromatografo ionico: a cosa serve nell’ambito delle diagnostica strutturale

Nell'ambito delle analisi diagnostiche per gli edifici storici, il Cromatografo Ionico (CI) è lo strumento su cui si basa una metodologia fondamentale al fine di individuare e quantificare gli ioni salini presenti nei materiali da costruzione. Questa analisi mira a identificare specifici ioni disciolti nel campione, per valutare lo stato di degrado chimico, fisico e microstrutturale dei materiali.



La cromatografia ionica, dunque, consente di determinare direttamente la percentuale in peso dei singoli ioni presenti nel campione rispetto al peso totale: in particolare, è possibile analizzare cloruri, solfati, nitrati e i relativi cationi associati, ossia calcio, magnesio, sodio e potassio, i quali sono responsabili di diversi processi di degrado nei materiali da costruzione.


Come funziona il cromatografo ionico

Il funzionamento del cromatografo ionico si basa sul principio di separazione dei componenti della miscela in due fasi differenti, ad esempio una fase solida (matrice polimerica scambiatrice di ioni, utilizzata come fase stazionaria) e una fase liquida (eluente, fase mobile). Durante la fase di assorbimento, i componenti della soluzione interagiscono con la fase stazionaria in base alla loro affinità ionica, determinando una separazione differenziata. Questo permette di identificare e quantificare gli ioni presenti nel campione, fornendo informazioni cruciali per la valutazione dello stato dei materiali.


Normativa di riferimento per l’uso del cromatografo ionico

Le normative di riferimento per questo genere di indagine diagnostica comprendono la UNI 11087:2003, che stabilisce i criteri per la determinazione del contenuto di sali solubili nei materiali lapidei, e la UNI 10945:2001, che tratta la caratterizzazione degli strati pittorici attraverso tecniche analitiche.

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